Una lunga fune transita tra cielo e terra come volesse avvicinarli. Un’altra fune li congiunge tra loro come fosse un cordone ombelicale. Poi ce n’è qualcuna che parrebbe servire a sorreggere solo qualche logoro pantalone. Altre più audaci e cautamente invisibili, come radici si nascondono qua e là, al buio, anche tra gli spettatori. Le corde, si sa, sono state create per legare, questo è noto. O perlomeno da quando Godot esiste, se esiste. Certo è che qualcuno lo attende come si fa con il giorno o la notte. Bisognerebbe trovare il tempo per farlo; o perderlo, il tempo. Quanto ne occorre per sciogliere i nodi che la vita impone?
Basterebbe un cappello pensatore per districarli tutti. In questa località chiamata il palco – come direbbe l’autore – in questa culla dei sogni, uno lo può fare: questo auguriamo allo spettatore.
Giusto il tempo di una ninna nanna per sognare di copricapi colorati, di carote, rape e cipolle.
Assisteremo alla creazione, quella dei gesti sia ben inteso, e vi penseremo qualcosa cantandovi le parole di Beckett. Una volta desti fingeremo che non sia successo nulla; staremo qui, lo faremo con piacere, Aspettando Godot.
Didi e Gogo, così si chiamano tra di loro Vladimiro ed Estragone, i due vagabondi protagonisti di questa tragedia umoristica. Le due anime paiono dimenticate sotto un salice piangente, sospesi in una dimensione spazio temporale ignota. Senza memoria alcuna del passato e incapaci di rammentare il loro presente, attendono invano, insieme a un migliore futuro, l’arrivo del signor Godot. Durante la sosta, giunge nella desolata strada di campagna il proprietario terriero Pozzo che tiene al guinzaglio il suo servitore, Lucky. Didi e Gogo sembrano incuriositi da questo personaggio che in un primo tempo scambiano per Godot, nondimeno mostrano preoccupazione per la misera condizione del servo.
Giunge la sera, Pozzo e Lucky riprendono il loro viaggio, ma di Godot neanche l’ombra. Arriva un ragazzo, suo messaggero, che riferirà loro che Godot oggi non riuscirà a venire, ma lo farà sicuramente domani. I due prendono in considerazione l’idea di separarsi, di andarsene via, ma vi rinunciano nell’attesa di Godot. Ripassano di lì Pozzo e Lucky, il primo ha perso la vista e il secondo è diventato muto. Quando resteranno nuovamente soli noteranno che sull’albero è spuntata qualche foglia. Tornerà anche il ragazzo a dire che anche stasera Godot non potrà venire e di attenderlo l’indomani.
I due mostreranno l’intenzione di andarsene, ma scrive Beckett: Non si muovono. Aspettando Godot.
Titolo originale: “En attendant Godot” di Samuel Beckett
Regia: Diego Willy Corna
Con: Alessandro Boldetti, Diego Willy Corna, Moira Dellatorre e Martina Soldati
Musiche: Giuseppe Senfett
Giuseppe Senfett (piano), Manuele Colacci (chitarra),
Emanuele Cacciatore (flauto), Kety Fusco (arpa)
Scene: Irene Agostino
Trucco: Silvia Rissone Gatti
Audio: Andrea Della Neve
Tecnici: Giovanni Cereghetti
Video: Jacopo Mondini
Foto: Lara De Maria